Gli ecosistemi fluviali nel contesto urbano
Pordenone può essere definita a ragione “città d’acqua” poiché nasce e si sviluppa grazie al transito mercantile fra i territori veneziani e l’area norica, attraverso la via d’acqua costituita dal Noncello, affluente del Meduna, a sua volta tributario del Livenza: tutti fiumi navigabili fino all’Adriatico. Il legame inscindibile fra Pordenone e l’acqua, con il trascorrere del tempo, supera le opportunità commerciali offerte dal Noncello e si consolida con lo sviluppo delle attività artigianali e poi industriali: l’acqua delle rogge diventa forza motrice sfruttata nei mulini per i magli, per le cartiere e per le filande. La stessa acqua da fine Ottocento sarà raccolta in laghetti e canali artificiali, per sfruttarne la forza e ottenere energia elettrica.
Lo sviluppo di nuove vie di comunicazione, prima fra tutte quella ferroviaria, hanno col tempo interrotto l’incessante traffico di burchi e trabaccoli del Noncello, restituendo alla natura e alla città un ambiente fluviale semi naturale, dalla forte caratteristica, tanto da divenire elemento identitario e peculiare di Pordenone. Di pari passo il declino delle attività industriali, soprattutto quelle legate alle filande e alla ceramica, hanno lasciato in eredità alla città ampi spazi verdi, oggi in parte trasformati in parchi, in cui l’acqua è elemento paesaggistico ricorrente.
Questo sistema fluviale e di verde urbano, rappresenta un importante tessuto connettivo ricco di biodiversità, in grado di assicurare corridoi ecologici essenziali per il sostegno degli habitat: da olle e fontanili di risorgiva, infatti, prende vita un reticolo di corsi d’acqua riunito prima in rivoli e rogge, poi nel Noncello a costituire un importante asse ecologico di connessione fra gli ambienti esterni ed interni alla città.
Il Noncello con le sue rive boscate attraversa Pordenone accogliendo le acque del rio Mai, delle rogge dei Mulini e della Vallona. Il rio Mai alimenta e drena l’acqua del lago artificiale della Burida per poi proseguire sino al parco dei laghetti di Rorai, connesso ecologicamente con il parco Cimolai, a nord della città.
Risalendo invece la roggia Vallona, poco dopo l’importante susseguirsi dei parchi Reghena, Querini, IV Novembre e Galvani tutti prossimi al Noncello, si giunge alle aree verdi di San Valentino e San Carlo con i loro rispettivi laghetti. Dal lato opposto, procedendo lungo l’asse principale del Noncello si attraversa il parco del Seminario con i suoi importanti ambienti prativi, per giungere al parco della Villa Romana e del Castello di Torre, in cui ampie zone naturalisticamente rilevanti, ricche di olle di risorgiva, prosperano accanto al giardino della tenuta nobiliare.
La principale peculiarità dell’acqua di risorgiva è di avere una temperatura costante di circa dieci gradi, con deboli variazioni stagionali legate al tempo di transito delle acque nel sottosuolo, con ritardi termici di circa tre mesi rispetto alla temperatura media dell’aria. Per questo motivo la risorgiva è più fredda in aprile e più calda in ottobre, influenzando il microclima circostante. L’acqua inoltre è molto ossigenata, proprio perché fredda ed è molto limpida, perché è ben filtrata, quindi povera di elementi organici disciolti.
Le tipicità di questi ridotti ambienti umidi, spesso confinanti con zone ecologicamente completamente diverse come ad esempio le piane alluvionali adibite ad uso agricolo, ma anche le aree semi naturali o addirittura urbanizzate, determinano biocenosi peculiari meritevoli di studio e tutela.
La flora spontanea di Pordenone è stata indagata in modo approfondito e i risultati della ricerca sono stati pubblicati in un volume edito dal Museo di Storia Naturale. Il prospetto floristico annovera quasi ottocento fra specie e sottospecie censite nell’area urbana. Fra queste alcune rivestono particolare interesse come ad esempio l’uva di volpe, specie del sottobosco dalle caratteristiche quattro foglie disposte a croce e il fior di stecco, arbusto a fioritura profumatissima molto precoce, entrambi veri e propri relitti glaciali, associati in pianura solo ai freschi microclimi di risorgiva.
L’erba unta bianca, scoperta nella periferia sudoccidentale della città, è un’altra pianta interessante, poiché testimonia la concreta possibilità di sopravvivenza per specie particolarmente sensibili alla manomissione ambientale, qualora persistano frammenti di habitat naturali, ancorché circondati da aree antropizzate. L’erba unta bianca, infatti, ha diffusione prevalentemente alpina e s’incontra in ambienti ristretti e particolari come prati umidi montani, piccole paludi d’alta quota o rocce con periodica percolazione d’acqua. Pur essendo autotrofa è una pianta carnivora, vegetando in suoli poveri di nutrienti: gli insetti vengono catturati grazie alla vischiosità della lamina fogliare (da cui il nome di erba unta) e quindi digeriti dalla superficie ghiandolosa. In pianura alberga unicamente nelle fresche e umide boscaglie prossime alle risorgive, dove ha carattere relitto.
L’importanza dell’ecosistema fluviale all’interno del contesto urbano, è ben descritta dalla cartografia delle specie vegetali: le unità geografiche che includono le sponde del Noncello, del rio Mai, della roggia Vallona e il lago della Burida racchiudono la maggiore diversità, annoverando oltre trecento fra specie e sottospecie botaniche.
La presenza di zone umide con vegetazione associata e l’omogenea distribuzione delle aree verdi, garantiscono la presenza di una discreta fauna cittadina, favorita sia dalle opportunità offerte dalle aree semi naturali, sia da quelle tipiche dell’ambiente creato dall’uomo: abbondanza di cibo, minor numero di predatori, maggiore ore di luce, minori sbalzi termici e ottimi rifugi per la riproduzione. Per quanto riguarda la composizione della comunità faunistica della città, la diversità espressa dall’avifauna e preponderante, sia per la facilità di spostamento tipica degli uccelli, sia per la presenza di un mosaico ecologico ricco di ambienti umidi.
Lungo le sponde del Noncello è normale incontrare parecchie garzette intente a cacciare piccoli pesci e insetti acquatici, nelle anse dello stesso tratto di fiume, in pieno centro cittadino, è usuale osservare più coppie di folaga mentre costruiscono i loro nidi, spesso accanto a quello dei tuffetti e a pochi passi da quelli realizzati sulle sponde dai germani reali. Nel folto della vegetazione è comunissimo sentire il potente verso dell’usignolo di fiume o scorgere il furtivo movimento della gallinella d’acqua, mentre nei vicini laghetti non è difficile osservare il marangone minore e il martin pescatore.
I mammiferi, fatto salvo i chirotteri, invece risentono maggiormente della frammentazione dei corridoi ecologici e, in molti casi, penetrano con più difficoltà all’interno della città. Però, laddove i corridoi ecologici consentono un’opportuna interconnessione fra le aree verdi urbane, le aree prossimo naturali e quelle più intatte, non di rado si assiste alla frequentazione di parchi e sponde fluviali, in aggiunta al diffuso e comune scoiattolo, anche del riccio, della faina, del tasso e della volpe.
Il Noncello ospita una discreta fauna ittica, purtroppo impoverita rispetto il passato soprattutto a causa del peggioramento della qualità dell’acqua. Grazie però alla maggiore attenzione riservata negli ultimi vent’anni al trattamento dei reflui urbani e alle azioni di salvaguardia e ripopolamento delle specie più a rischio, per il futuro è lecito essere ottimisti, immaginando addirittura la ricomparsa stabile di alcune specie quasi estinte; prima fra tutte il rarissimo storione cobice, pesce anadromo ed endemico del Mar Adriatico. Lo storione cobice, infatti, è specie esclusiva adriatica dove trascorre la maggior parte della sua vita fino al momento di riprodursi, quando abbandona il mare per risalire i fiumi che sfociano in Adriatico, fra cui anche Tagliamento e Livenza. Lo storione cobice fino alla seconda metà del secolo scorso, fu la più ambita preda dei pescatori professionisti fluviali e, dopo un’assenza durata vari decenni, solo recentemente è stato nuovamente segnalato nel Noncello, anche se solo un paio di volte.
Il Noncello, un tempo risorsa per i commerci e per l’industria, oggi rappresenta il fondamento paesaggistico identitario di Pordenone ed è elemento cardine per la biodiversità del territorio: un irrinunciabile patrimonio straordinario da conservare gelosamente per essere consegnato integro, e possibilmente migliorato, alle generazioni future.